Nativo delle acque dolci del continente nord Americano, il Black bass (della categoria “bass” ci sono tante specie, ma qui prendiamo in considerazione solo il Largemouth Black bass, che è l’unica presente in Italia) per la sua natura di attivo predatore viene da sempre pescato con canna e lenza, soprattutto per le emozioni indimenticabili che suscita nel bravo pescatore che lo sa catturare.
È il pesce sportivo americano per eccellenza, considerato Pesce Nazionale in molti Stati americani, presente già in letteratura e nei numerosi film hollywoodiani che raccontano la pesca negli States. Uno su tutti: Lo sport preferito dall’uomo del 1964, con Rock Hudson. Quello che compare nei frame del trailer è, appunto, un Black bass, che suo malgrado, fu forzatamente esportato in Italia, in Europa, ma anche in tante altri parti del mondo, tra la fine dell’800 e i primi del ‘900. In controtendenza con i flussi migratori umani di quel periodo. Anche se l’origine di queste importazioni di pesce stava essenzialmente nel tentativo di avviare delle attività locali di allevamento e pesca lacuale, tese a sfamare le popolazioni indigene, il Persico Trota si ambientò così bene che ad oggi lo troviamo presente un po’ in tutto il pianeta. E le attività di pesca professionale intensiva nel lago di Monate (VA), era qui che iniziò l’esperimento sin dal 1898, non decollarono mai veramente.
In realtà era stato un clamoroso errore di valutazione. Sebbene le sue carni fossero, e lo sono ancora, di discreta qualità, non era una specie allevabile e pescabile come altre. Infatti non era un pesce di facile allevamento in laghi estesi e di pesca professionale con gli strumenti classici, come reti a tramaglio o a imbuto.
Inoltre la sua biologia lo porta a spostarsi spesso durante le varie stagioni, tanto da essere, nel periodo della riproduzione ad esempio, abbastanza facile da individuare, ma in altri momenti decisamente sfuggente.
Il nome latino della classificazione della specie è Micropterus salmoides conferitagli da Bernard Germain Étienne de Laville-sur-Illon, Conte di Lacépède, zoologo e politico francese, nella sua opera: Histoire naturelle des poissons (1797-1798). L’egregio Lacépède oltre ad un’intensa carriera politica, ebbe molti interessi nella sua vita fino a comprendere la “Storia naturale dei pesci” a cui facciamo sempre riferimento utilizzando il nome Micropterus salmoides.
Quando questa specie venne introdotta in Europa e in Italia si dovette quindi dare una traduzione in lingua corrente che ne facilitasse il commercio, quale era in realtà il suo fine ultimo. C’era dunque il nome scientifico che comprendeva: Ordine Perciformes; Famiglia Centrarchidae; Genere Micropterus; Specie M. salmoides e c’era il nome originale in inglese Largemouth black bass. La scelta però fu di chiamarlo Persico Trota, che è ancora oggi il suo nome ufficiale in italiano, ad un’osservazione attenta, non può che risultare quantomeno strana. Certamente “persico” viene dall’ordine dei Perciformi, e questo è comprensibile, ma tradurre “trota” da salmoides, com’è facilmente ipotizzabile, è stato veramente un errore grossolano. Ma all’epoca dell’importazione dall’America probabilmente fu pensato che aggiungere la parola trota avrebbe facilitato la commercializzazione di questa nuova specie a fini alimentari.
Fatto sta che questa specie in Italia è definita da un nome che non la posiziona, né la cataloga in modo esaustivo e tantomeno preciso. E all’osservazione accurata, per l’appunto, è evidente che non si comporti affatto come la trota, che è un salmonide, e non ne condivida neanche l’habitat.
Eppure anche il Decreto Ministeriale n°19105 del 22 settembre 2017 in merito alle denominazioni in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale ci imporrebbe di chiamarlo Persico Trota.
Diciamo pure che siamo di fronte all’ennesimo paradosso, in un mondo che usa una miriade di termini anglofoni senza reale necessità, per la denominazione in lingua italiana delle specie ittiche di interesse commerciale, in teoria non potremmo chiamarlo ufficialmente col suo nome originale: Black bass.
Perché tante riflessioni sul nome?
Perché il nome è la prima cosa che ci fa sapere qualcosa dell’oggetto del nostro interesse.
Il nome Persico trota al giorno d’oggi, invece, non fa altro che confondere la comprensione della natura di questo pesce anche in relazione al modello gestionale della sua alloctonia.
Meriterebbe infatti, proprio in Italia, di essere oggetto di molte più ricerche scientifiche serie, ma probabilmente si preferisce studiare le problematiche relative alla sopravvivenza dei pesci autoctoni. Non che la sopravvivenza di questi ultimi non sia importante, anzi è fondamentale per la tutela della biodiversità, ma nella giusta percentuale, anche qualche specie alloctona come il Black bass meriterebbe un po’ più di attenzione.
Oggigiorno le nostre acque interne sono popolate dall’85% circa da specie alloctone (cioè non autoctone, non originali dei nostri ecosistemi). Senza voler qui indagare troppo a fondo sulle cause (sono tante) che hanno portato a questa vera e propria invasione, è importante soffermarsi anche solo sul dato numerico.
Se, nel rispetto del principio inconfutabile della salvaguardia della Biodiversità, volessimo immaginare un intervento di eradicazione forzata (comunque dai costi e dinamiche improponibili) di tutte le specie aliene, nei nostri laghi e fiumi del piano rimarrebbe ben poco. Anche perché la qualità media delle acque è scarsa e in molti casi alcune specie alloctone sono le sole in grado di sopravvivere e riprodursi naturalmente.
Su questo semplice dato di fatto si basa il principio della Tutela del Patrimonio Ittico Nazionale.
In sostanza, significa che se vogliamo mantenere una popolazione ittica appena sufficiente nella maggior parte delle acque italiche è necessario comprendere meglio il valore delle specie attualmente presenti. Ecco perché prendere in seria considerazione il Black bass può essere un esempio di gestione intelligente, di una specie alloctona che riserva opportunità inaspettate.
CAPACITA’ EQUILIBRATRICE
La sua natura di predatore lo porta a nutrirsi di tutto ciò che può essere alla portata della sua capiente bocca, anche se la taglia massima registrata in Italia si aggira intorno ai 3 kg, al contrario di altre specie alloctone il cui peso raggiunge misure decisamente sproporzionate per le nostre acque. La dieta del Black bass quindi è molto varia: vermi, larve, pesci, crostacei, anfibi, insetti. Ma anche rettili, piccoli roditori e in qualche raro caso anche pulcini di uccelli acquatici. È inoltre un predatore molto opportunista che si nutre della risorsa alimentare più abbondante presente negli ambienti in cui vive. Ingoia senza masticare e può ingerire prede che abbiano una profondità almeno pari alla massima larghezza delle mandibole. I giovani si nutrono principalmente di invertebrati, a seconda delle dimensioni del pesce. Gli avannotti, appena iniziano a nutrirsi, predano principalmente zooplancton, poi prede più grandi (naupli di crostacei, larve di ditteri, altri macroinvertebrati e piccoli pesci). Studi sperimentali in condizioni controllate sull’alimentazione del Black bass hanno evidenziato che, con disponibilità alimentare elevata, questa specie può ingerire un peso di alimento pari ad una percentuale compresa tra il 4 ed il 7.9%. Le abitudini alimentari del Black bass prevedono però che la specie non si alimenti in continuazione e in occasione di alcuni monitoraggi si è rilevato che una percentuale del 50% aveva lo stomaco vuoto. Sono stati osservati inoltre due differenti approcci alimentari: il primo è dettato da esigenze alimentari vere e proprie (fame), mentre il secondo è legato soprattutto a stimoli che sollecitano la territorialità, la curiosità ed il fastidio nei confronti di “intrusi”.
IL GAMBERO DELLA LOUISIANA - COME TRASFORMARE UN PROBLEMA IN UNA OPPORTUNITÀ FAVOREVOLE
Negli ultimi anni, un po’ in tutta Italia, si è registrata la presenza di una specie di gambero d’acqua dolce proveniente da oltreoceano che sta letteralmente invadendo tutti i nostri corsi d’acqua e laghi, grandi e piccoli. Questo gambero, Procambarus clarkii, a causa della prelibatezza delle sue carni (se allevato in acque pulite), è stato importato a scopo di allevamento nelle acquacolture di numerosissimi paesi ed è attualmente considerato il gambero di fiume più diffuso al mondo in quanto si conoscono sue popolazioni acclimatatesi praticamente in ogni continente ad eccezione di Australia e Antartide. In Italia fu importato in Toscana dalla Louisiana da un’azienda di Massarosa, vicino al Lago di Massaciuccoli, per un tentativo di commercializzazione, come documentato dalla studiosa di questa specie aliena Francesca Gherardi.
Forse per l’irresponsabilità degli allevatori e la mancanza di politiche di gestione ordinata dell’immissione di nuove specie, dopo esser sfuggito al controllo degli allevamenti di chi lo aveva importato, si è poi diffuso in quasi tutta Italia.
Il Procambarus clarkii ha una notevole capacità di adattarsi a svariati tipi di habitat acquatici, spesso anche notevolmente inquinati, ed presenta la specifica caratteristica di poter colonizzare e proliferare in poco tempo negli ambienti nuovi dove si viene a trovare.
Questo fatto, all’apparenza positivo, è in realtà estremamente deleterio per gli ambienti acquatici in quanto questa specie è onnivora e molto vorace: la sua diffusione in rogge, torrenti o stagni provoca quindi un notevole danno per l’equilibrio di questi habitat, mangiando uova di pesci, di anfibi (rane e salamandre su tutti) e di insetti acquatici, e poi, finiti questi, le specie vegetali presenti (alghe, piante acquatiche), rischiando di annullare la biodiversità.
Addirittura è in grado di resistere e respirare fuori dall’acqua per alcune ore e raggiungere le eventuali coltivazioni poste attorno ai corsi d’acqua, provocando la distruzione di discrete quantità di raccolto.
Scava anche profonde tane (fino a 1,5 m) rischiando di indebolire gli argini di fiumi e torrenti ed essendo poi originario di zone calde, sopporta elevate temperature, anche fino a 45°- 50°. In Italia ed in Europa rappresenta poi una gravissima minaccia per i sempre più rari gamberi nostrani in quanto, oltre a competere meglio dal punto di vista ecologico, è portatore sano di alcune gravi malattie, tra cui la famigerata “peste del gambero” (Aphanomyces astaci), che non lascia scampo alle nostre specie.
Queste caratteristiche gli hanno valso il nome di Gambero Killer con il quale è ormai noto in tutta Europa.
Diversi studi, in tutta Italia, continuano a portare in primo piano il problema Gambero Killer, sperando in qualche modo di poterlo risolvere. A titolo esemplificativo si riporta a seguire un stralcio dell’articolo pubblicato su TP24-Cronaca ambiente.
Uno studio della biologa Maraiangela Ruggirello con l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale dell’Umbria conferma la pericolosità anche per l’uomo del Gambero della Louisiana.
... Il Procambarus Clarkii, meglio conosciuto come Gambero della Louisiana, nonostante la prelibatezza della sua carne, può essere molto dannoso per la salute degli esseri umani ed anche per quella degli animali: può accumulare metalli pesanti e tossine nei suoi tessuti - in particolare nell’epatopancreas. Rappresenta anche un pericolo per l’ecosistema: infatti l’introduzione di specie aliene invasive rappresenta uno dei maggiori rischi per la conservazione della biodiversità, e per questo le progressive introduzioni della specie costituiscono una delle principali emergenze ambientali e sono considerate dalla comunità scientifica internazionale la seconda causa di perdita di biodiversità su scala globale... In questo delicato contesto il Black bass è già stato utilizzato con ottimi risultati per la lotta biologica alla diffusione incontrollata dei gamberi alloctoni che costituiscono un alimento ricchissimo di proteine e di facile predazione.
In questo delicato contesto il Black bass è già stato utilizzato con ottimi risultati per la lotta biologica alla diffusione incontrollata dei gamberi alloctoni che costituiscono un alimento ricchissimo di proteine e di facile predazione.
Da sottolineare il fatto che tra i possibili consumatori (predatori) del Gambero Killer il Black bass è la specie con le caratteristiche migliori e più naturali, rispetto ad esempio al luccio (italico o europeo), in quanto, nelle acque di origine, risulta alimento primario e fondamentale.
Da valutare inoltre che l’unico e vero antagonista del gambero risulta essere proprio il persico trota. Quest’ultimo inoltre, si amalgama molto bene con le altre specie autoctone presenti nelle nostre acque senza arrecare problemi alle altre specie come per esempio il luccio.
Nel caso del contenimento delle specie ciprinicole invasive inoltre, il Black bass risulta essere il miglior equilibratore naturale possible a costo zero. A questo proposito si può segnalare l’esperienza fatta negli invasi artificiali sardi, dove intorno agli anni settanta, a cura degli ittiologi di allora, fu individuato ed immesso il Black bass quale ottimo equilibratore di una popolazione di carpe (anch’esse immesse) afflitta da nanismo.
Il Black bass è un predatore alloctono. Nel corso degli anni si è cercato di stabilire con il conforto scientifico se e quanto possa essere dannosa la convivenza con il principale predatore autoctono: il Luccio (italico). Prima di tutto esistono delle differenze sostanziali tra le due specie che riguardano sia le abitudini riproduttive, sia il modello di alimentazione. Il Luccio si riproduce nei mesi invernali in acqua bass tra i canneti, mentre il Black Bass frega su bass fondali compatti in primavera. Nello specifico il confronto predatorio tra gli avannotti delle due specie avvantaggia il Luccio, in quanto i luccetti nati in inverno sono già abili predatori con mesi di anticipo rispetto alla frega primaverile del Persico Trota che quindi ne diventa facile preda. Sostenere inoltre che il Black bass possa essere antagonista del Luccio per competizione alimentare è errato. In parecchi studi scientifici sono stati infatti esaminati i contenuti stomacali di entrambe le specie in ambienti dove la forzata convivenza li ha visti competere per le risorse alimentari. I risultati hanno dimostrato che Black bass ed Luccio sono compatibili ed in equilibrio con una leggera prevalenza competitiva del Luccio sul Persico Trota, in quanto predano in zone e su ittiofauna differente nella maggior parte della loro vita. All’osservazione attenta non può sfuggire il modello di predazione che risulta sostanzialmente diverso tra le due specie: il Luccio è un predatore tendezialmente pigro, resta spesso nascosto ed attacca solo quando la preda passa vicino. Il Black bass ha una predazione più dinamica, insegue le prede anche per lunghi tratti e in acque aperte.
La possibile convivenza tra le due specie viene confermata anche nella letteratura scientifica specialistica che conferma la “limitata competizione tra Luccio e Persico trota” (Alessio, 1983).
Inoltre nell’analisi dei 120 anni trascorsi dalla data di immissione del Black bass in Italia non si è mai registrata una effettiva sofferenza da parte del Luccio nei casi di convivenza. Al contrario quando in un dato habitat la presenza dei Luccio si è rarefatta, anche il Black bass di pari passo ha subito una forte riduzione, spesso tale da mettere in discussione la sopravvivenza della specie stessa.
Putroppo oggigiorno nelle acque italiane è ormai evidente che il possibile binomio virtuoso Luccio-Persico Trota sia stato spesso soppiantato dal ben più pericolso binomio Aspio-Siluro.
LA CONVIVENZA CON IL LUCCIO È QUINDI POSSIBILE
Nella pesca ricreativa ed agonistica non si è mai calcolato il reale valore dell’oggetto finale dell’attività sportiva stessa e cioè il valore economico/sportivo (non il valore di mercato alimentare) del pesce catturabile. Uno dei pesci più interessanti per approfondire questo argomento è proprio il Black bass perché nonostante la sua natura di alloctono richiama un altissimo interesse sportivo ed agonistico.
In questo caso tralasciamo volutamente la valorizzazione emotiva che ogni bassangler può provare al momento della cattura perché ovviamente non è possibile farne un calcolo reale. Così come per il valore sportivo che sicuramente è alto al momento che richiama attorno a sé un movimento di diverse migliaia di praticanti. Però possiamo provare a calcolare quanto valga in termini economici relativi un pesce appena catturato.
Con un esercizio abbastanza facile possiamo considerare un pescatore sportivo qualunque che riesca nella cattura di un Black bass di medie dimensioni (700gr) in uno dei luoghi dove è presente in sufficiente quantità. Ora, per arrivare a questa cattura sono occorsi diversi elementi di costo medio che per comodità proviamo a sintetizzare con lo schema successivo.
Attrezzatura specifica.
Per praticare con successo la pesca la Black bass (Bass fishing) non occorre un’attrezzatura troppo costosa, ma certamente per chi si dedica con passione all’agonismo i costi salgono notevolmente.
Attrezzatura nautica.
Una delle componenti base del Bass fishing è l’utilizzo di strumenti nautici cha vanno dalla semplice ciambella (belly boat) a imbarcazioni denominate bass boat con motore a scoppio, e jon boat con solo motore elettrico. Anche se molti lo praticano semplicemente dalla sponda non si può non considerare questo costo. La nautica prevede una serie di accessori comunque indispensabili ed una manutenzione continua oltre ai carburanti, olii, batterie, etc.
Trasferimenti.
Non sempre il Black bass sta sotto casa. Spesso per fare buone pescate bisogna muoversi e anche questo ha un costo. Usura auto, benzina, autostrade, manutenzione generale su una media almeno 20 uscite all’anno. È da segnalare inoltre lo spostamento dei vari pescatori tra le varie regioni Italiane. La quantità del Black bass all’interno di un bacino lacustre specifico richiama pescatori anche da regioni molto lontane.
Turismo e logistica.
Dal momento che si viaggia per raggiungere i migliori spot (tralasciando pure i viaggi all’estero) bisogna anche pernottare e rifocillarsi.
Agonismo.
Vista la natura di questa disciplina ormai consacrata all’agonismo (dei motivi però possiamo parlare in altra sede) bisogna considerare anche i costi d’iscrizione alle gare.
Varie ed eventuali.
Per essere credibili aggiungiamo anche qualcosa per gli imprevisti e le necessità non preventivabili.
Licenze e tessere associative.
Costi fissi.
Riassumendo, costi annui:
Totale: 10.000 euro.
Sommando queste stime generiche, si ottiene una spesa base annua di 10.000 euro all’anno. (Considerando anche che c’è chi ne spende oltre 16.000 e chi ne spende solo 2.000.)
Se si calcola poi che in una media di 20/30 pescate annue si possano catturare almeno 10 pesci ad uscita si arriva ad una media totale di circa 200 Black bass catturati in un anno a pescatore. Quindi il “costo” di 10.000 euro diviso per il numero catture (200) risulta: 50 euro.
Così adesso abbiamo a disposizione un parametro commerciale di partenza che con il valore sportivo e sociale può ancora salire d’importanza. Non sarà facile da calcolare, ma il sano spirito di aggregazione, la divulgazione per il rispetto per il pescato e per l’ambiente che il Bass fishing promuove da sempre è senza dubbio un valore importante.
Volendolo riportare ad un mero dato economico diciamo che può diventare un valore aggiunto che incrementa almeno del 20% il valore già trovato.
Ed arriviamo a circa 60 euro.
È tutto? Forse ancora no.
C’è anche una componente sportiva Istituzionale che contribuisce ad aumentare ancora questa valorizzazione. Le medaglie ed i risultati positivi negli annuali Campionati del Mondo di specialità portano alla Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee (tramite il CONI) un contributo significativo. Non solo: anche l’onere organizzativo di un Campionato del Mondo di specialità realizzato in Italia con successo ogni 3 anni circa, aumenta il valore del pesce. Diciamo anche solo del 10%. Saliamo quindi a 66 euro.
E alla fine si può dire che per ogni Black bass catturato il pescatore spende circa 66 euro.
Una cifra che entra nel mercato globale sotto forma di varie spese, come abbiamo visto nell’analisi. Così il Black bass, pur non risultando di grande interesse scientifico (in quanto alloctono) riguadagna uno straordinario valore economico nell’esercizio di una sana e sostenibile pratica sportiva. E certamente più sostenibile della pesca professionale che immette sul mercato ittico la specie del Black bass solo a circa 30 euro il Kg. Inoltre con il catch&release (termine con il quale il pescatore abbraccia la filosofia del cattura e rilascia) il valore del pesce catturato e rilasciato rimane inalterato. Quel pesce che vive in quel lago ha dunque un peso economico di 66 euro fino a quando non viene prelevato ed ucciso.
Bisogna aver chiaro quindi, che tutte le volte che si toglie un Black bass dal suo ambiente si tolgono 66 euro dal mercato globale, che non torneranno mai più in circolazione.
Partendo dal ragionamento fatto sul valore del Black bass possiamo anche calcolare il valore della disciplina che ne prevede l’esclusiva cattura: il Bass fishing. E per avere cifre significative è importante considerarne soprattutto l’aspetto agonistico nella categoria più impegnativa, quella che prevede l’utilizzo di una barca con motore a scoppio. Facendo quindi fede sull’esperienza diretta prendiamo in esame le spese medie di una coppia di agonisti (in Italia quasi sempre si pratica in due) in 1 anno di piena attività.
Una coppia di praticanti il Bass fishing agonistico spende quindi in media circa 30.000 euro all’anno.
Curioso è notare come, se il Bass fishing soprattutto agonistico non si fosse mai affermato in Italia, la spesa per la pesca sportiva tradizionale (diciamo comunque lo spinning con le esche artificiali) sarebbe stata drasticamente inferiore, e secondo una stima congrua, non superiore ai 5.000 a coppia, all’anno.
La differenza è notevole. Vuol dire che l’avvento del Bass fishing ha fatto sì che una coppia di pescatori normali abbia speso 25.000 euro in più di quanto avrebbe plausibilmente speso.
Riassumendo, costi annui:
Totale: 30.000 euro.
Facendo poi una media di spesa tra una coppia che partecipa a gare che si svolgono con imbarcazioni potenti con il motore a scoppio (30.000 euro l’anno) e un singolo che partecipa solo a gare in Belly boat (3.000 euro l’anno circa) - come estremi del gruppo - si può stabilire una spesa per agonista singolo di circa 9.000 euro all’anno.
Stando a ciò che riportano le classifiche delle maggiori gare nazionali della disciplina del Bass fishing (negliultimi anni sempre in crescita) possiamo conteggiare circa 500 agonisti in attività costante.
L’impatto di spesa arriva quindi a circa 4.500.000 euro l’anno per il comparto Bass fishing agonistico.
Se a questa cifra aggiungiamo le spese medie annue di un non-agonista praticante anche saltuariamente il Bass fishing in Italia (circa 1.000 euro l’anno, tutto compreso), per un numero plausibile (circa 15.000 unità) arriviamo a un totale di 19.500.000 euro.
IL BASS FISHING AGONISTICO E NON IMMETTE NEL MERCATO GLOBALE POCO MENO DI
20.000.000 DI EURO ALL’ANNO.
Infine proviamo a calcolare il valore del Bass fishing dal punto di vista delle attività di ricezione turistica locale. Partiamo da un caso specifico (facilmente calcolabile) per poi estendere il ragionamento a tutta Italia. Consideriamo quindi, il Comune di Bolsena, sull’omonimo lago (uno dei migliori campi-gara per questa disciplina) e verifichiamo quanta economia crea il Bass fishing agonistico in un anno.
Su questo lago si svolgono in media un minimo di 4 gare all’anno di tutte le categorie (bass boat, motore elettrico, belly boat, kayak) con una media di 300 partecipanti in totale. Da questi possiamo anche togliere quelli che non hanno bisogno di soggiornare in albergo perché residenti in zone limitrofe, ma ne rimangono sempre 200 circa. Gli agonisti (spesso anche gli stessi, per più di una volta) in un anno, tra prove e gare, soggiornano in media 15 giorni a Bolsena occupando alberghi e ristoranti. In media spendono (a testa) 60 euro al giorno per dormire e per mangiare. Così, solo da questo movimento quindi entrano nelle casse degli operatori rivieraschi circa 180.000 euro all’anno, spesso fuori dalla stagione balneare e turistica. Bisogna comunque aggiungere (per tutti e 300) anche spese varie per generi di conforto (bar), carburanti (in loco) e gestione della componente nautica, (circa 100 euro a testa). E aggiungendo questi 30.000, il totale arriva a 210.000 euro all’anno.
Considerando infine che almeno ogni 4 anni il lago è teatro dei Campionati del Mondo di specialità, non possiamo che aggiungere altri 100.000 euro e oltre, che pur spalmati in 4 anni incrementano il totale a circa 300.000 euro all’anno.
Riassumendo:
il Bass fishing porta nelle casse degli operatori turistici dei comuni presenti sul lago di Bolsena
circa 300.000 euro all’anno.
Questo esempio è valido anche per altri importanti campi-gara italiani del Bass fishing quali il Lago di Viverone, Lago di Garda, il Lago Trasimeno, l’invaso del Coghinas, il lago di Massaciuccoli, tanto per citarne alcuni.
E facendo anche in questo caso una media tra le tipologie e il numero dei campi-gara presenti in Italia per questa specialità, si può calcolare che solo il Bass fishing agonistico spende circa mezzo milione di euro all’anno per le attività ricettive locali sul territorio. Senza dimenticare che con la pesca (in genere) si possono coinvolgere zone notoriamente meno battute dal turismo di massa e soprattutto andare a coprire le stagioni intermedie, solitamente scariche.
Considerando l’attuale contesto socio-economico potrebbe non esserci alcun motivo serio per parlare di pesci e pesca sportiva.
E invece l’aspetto del “buon tempo libero” nella nostra società ha diritto di prendersi il suo spazio perché anche la qualità di questo tempo influisce a livello profondo sulla qualità globale della nostra vita. Inoltre lo straordinario impegno che a livello territoriale le Associazioni Sportive Dilettantistiche dedicate alla pesca sportiva ricreativa (non professionale) hanno messo e mettono spontaneamente, da almeno 30 anni ad oggi, a disposizione di questo singolare argomento è decisamente solo frutto della passione.
Passione sana e genuina per un’attività, la pesca, in Italia sempre troppo sottovalutata nei suoi valori sportivi e nelle sue finalità. Il fatto che la Nazione e il mondo intero stiano passando un grave momento di crisi, sia economica che sociale, non deve togliere serietà a questo impegno, né minimizzarlo. Perché nasce dalla passione vera ed è quindi degno del massimo rispetto.
Ma è indispensabile una visione più lungimirante.
A fronte del grande l’impegno che le A.S.D. mettono giornalmente nella promozione e formazione di questa disciplina, le Istituzioni preposte dovrebbero aprirsi maggiormente alla conoscenza di questo fenomeno sportivo, sociale ed economico.
Per favorirne uno sviluppo sostenibile non occorrono strabilianti programmi d’investimento o stravolgimenti ambientali, in Italia ci sono già sufficienti acque adatte alla pesca da natante (motore a scoppio ed elettrico, o solo elettrico) e strumenti di tutela del pesce (catch&release o zone no-kill).
In contrapposizione al devastante fenomeno del bracconaggio esistono “portatori positivi d’interesse”, uno di questi è proprio il Bass fishing.
Questa disciplina è forse il tipo di pesca sportiva più dinamica ed adrenalinica dell’intero panorama alieutico. Pescare da natante, l’aggressività del black bass, la moltitudine di esche e attrezzature, lo spirito di sana aggregazione che si crea durante i raduni sociali e le gare più importanti, ecco perché raccoglie sempre maggiori adesioni negli strati più giovani della società. Grazie poi al lavoro delle A.S.D. è possibile formare una nuova generazione di pescatori (tutti attivissimi sui social network) che sappiano anche rispettare l’ambiente e i suoi abitanti (cath&release o no-kill). Forse solo il Bass fishing attualmente riesce miracolosamente a mantenere in equilibrio una forma di attività all’aria aperta moderna con una corretta educazione ambientale, nella speranza di un futuro sostenibile.
Si tratta in sintesi di una disciplina della pesca sportiva ricreativa ed agonistica che si pratica con l’ausilio delle sole esche artificiali ed è esclusivamente dedicata alla cattura del pesce chiamato Black bass (italianamente, persico trota o boccalone).
L’uso delle sole esche artificiali (al contrario di quelle naturali e vive) permette una migliore tutela degli esemplari pescati che vengono al 90% sempre rilasciati (catch&release = cattura e rilascia).
Preferibilmente si svolge da una barca di piccole dimensioni dotata di motore a scoppio per gli spostamenti lunghi e di un motore elettrico per pescare direttamente sullo spot di interesse. Può essere praticato dalla ciambella (belly boat) o da apposite (e più grandi) bass boat.
LA STORIA DEL BASS FISHING IN ITALIA
Il Bass fishing è stato introdotto in Italia (e particolarmente in Veneto) dagli appassionati americani della base di Aviano, che hanno cominciato a praticarlo negli anni ‘80 principalmente nel Canale Brian vicino a Venezia. Nonostante fosse praticabile solo dove era presente il Black bass, questa disciplina riscosse talmente tanto successo in Italia che le Associazioni Sportive territoriali espressamente dedicate al Bass fishing si moltiplicarono in pochi anni. Ad oggi si possono contare oltre 100 Associazioni Sportive Dilettantistiche, con una massiccia partecipazione delle fasce più giovani di pescatori sportivi.
Attualmente si calcola che i praticanti in dieci anni siano almeno quintuplicati e tra questi circa un migliaio siano agonisti in piena attività.
Elaborando poi i dati relativi alle vendite di attrezzatura da pesca specifica per questa tecnica, si può conteggiare con buona approssimazione il totale dei praticanti che al momento si aggira attorno alle 10.000 unità. Ogni anno in Italia si svolgono diversi Campionati Nazionali divisi per le tre categorie (ciambella, imbarcazioni con solo motore elettrico, imbarcazioni con motore a scoppio) ed alcune gare internazionali molto seguite. Se si analizzano anche solo i numeri relativi alle iscrizioni per le gare svolte sotto l’egida della FIPSAS (Federazione Italiana Pesca Sportiva ed Attività Subacquee) possiamo avere un quadro veramente realistico della seria (e onerosa) partecipazione a questo sport.
Ad esempio nei Campionati Italiani Belly Boat Fipsas le iscrizioni complessive dal 2015 al 2016 sono quasi raddoppiate (244 nel 2015, 430 nel 2016). Ma anche le iscrizioni ai Campionati Italiani Fipsas (MS e ME) nel 2016 sono aumentate di circa il 23% rispetto al 2015.
Ad oggi si stimano circa 1000 iscrizioni all’anno di atleti appartenenti a quasi 100 associazioni sportive dilettantistiche.
La Fipsas, ogni 4 anni circa, organizza in Italia il Campionato del Mondo (per non professionisti) di pesca al Black bass per nazioni. La nostra Nazionale è stata tre volte Campione del Mondo e molte volte sul podio. Tutti gli anni un nostro rappresentante (dopo una dura selezione) vola in USA per partecipare ad uno dei tornei (semiprofessionistici) più importanti d’America. Il “nostro” Jacopo Galelli, trasferitosi negli USA per intraprendere la carriera di Bass Angler è stato il primo europeo a vincere una gara professionistica in America guadagnando in una sola competizione 145.000$. È inoltre stato primo ed unico europeo, ad oggi, a partecipare al Bassmaster Classic, la gara di Bass fishing più seguita al mondo.
IL BASS FISHING IN AMERICA
In Italia la pesca sportiva in generale è considerata un simpatico passatempo da ragazzini o pensionati, in America invece è la principale attività sportiva legata al tempo libero e alla vita all’aria aperta. E il Black bass, nelle sue varie tipologie, è il suo ambasciatore indiscusso.
A titolo puramente esplicativo in America pescano più persone di quante giochino a golf e a tennis messe
insieme: circa 50 milioni, contro 24 milioni (golf) più 17,3 milioni (tennis).
E 30 milioni di bass anglers (pescatori di bass in genere) sono alla base di un’economia da 50 miliardi dollari.
La visibilità mediatica della pesca in America è ai primi posti anche tra gli sport più famosi. I migliori magazine di settore arrivano singolarmente ad una tiratura di oltre 600.000 copie a numero e un bacino d’utenza globale di oltre 4 milioni di appassionati. I maggiori tornei americani sono visti in TV da circa 1 milione di spettatori a trasmissione. Naturalmente si parla di un Paese in cui il tempo libero, e quindi la pesca, sono considerati sacri e soprattutto ritenuti molto importanti, per la società e per l’economia. Certamente quello che succede in America non può essere paragonato allo scenario italiano, ma la tendenza del nostro mercato di settore va comunque in quella direzione.
Senza voler necessariamente contrastare le linee guida delle direttive europee sulla gestione delle specie alloctone, in ottemperanza con la massima tutela della biodiversità, quale indiscutibile patromonio dell’umanità, ci sembra doveroso altresì, ad una attenta analisi del fenomeno Bass fishing suggerire una miglior tutela della specie Black bass da parte delle Regioni italiane.
Come già la Regione Toscana (ed altre a seguire) ha applicato da anni, la regolamentazione della pesca al Black bass potrebbe seguire queste semplici direttive generali: